Il CO.VO.PI.
Il Co.Vo.Pi. è il “Consorzio per la Gestione e la Tutela della Pesca dei Molluschi Bivalvi nel Compartimento Marittimo di San Benedetto del Tronto”.
Gli attuali consorzi di gestione furono introdotti con provvedimento ministeriale nel 1997 e, successivamente, a seguito della devoluzione della competenza in materia di pesca marittima alle Regioni , furono ulteriormente da queste autorizzati.
La costituzione, su base volontaria, discendeva dalla necessità di trovare soluzione alla gestione degli stock di molluschi bivalvi, settore divenuto problematico per una serie di elementi concomitanti, tra i quali vanno sicuramente annoverati il cambio dell’attrezzo di pesca e l’elevato numero di licenze rilasciate in passato a nuovi operatori.
Lo strumento consortile, almeno per quanto concerne l’esperienza del Co.Vo.Pi., ha sicuramente sortito benefici effetti, consentendo contestualmente la tutela della risorsa e la sensibilizzazione degli operatori. Questi infatti hanno ormai da tempo superato la fase dello sfruttamento intensivo, maturando la consapevolezza che soltanto un’oculata gestione della risorsa, sotto tutti i profili, è in grado di assicurare la duratura remunerazione dell’investimento e del lavoro profusi.
Le cinquantasei imprese aderenti sono distribuite in due porti d’armamento: Porto San Giorgio e San Benedetto del Tronto; l’occupazione diretta ammonta a circa 120 unità, che con gli addetti alle attività ausiliare (cantieri navali, trasporto e commercializzazione) fa ascendere il numero degli occupati a circa 180 unità (stima Federpesca).
La pesca è limitata alla sola varietà locale della vongola (Chamelea Gallina) e l’intera produzione riguarda esclusivamente il prodotto fresco.
Il Compartimento Marittimo di San Benedetto del Tronto è stato quello che sicuramente è partito da condizione di maggiore svantaggio. In esso si riscontrava sino, circa un lustro orsono, una rapporto di oltre 2,7 unità da pesca alla vongola per chilometro lineare di costa, parametro che, seppure oggi ancora sensibilmente superiore alla media nazionale, si è ridotto a circa 1,5 unità chilometro lineare.
La decongestione è stata conseguita mediante lo spostamento 25 unità da pesca, quelle che facevano base nel porto di Civitanova Marche, nella Zona B del Compartimento Marittimo di Ancona.
Il Compartimento Sanbenedettese, inoltre, fu interessato sino a circa quattro anni addietro, da drammatiche morie del prodotto, le cui ragioni non furono mai ufficialmente chiarite nonostante il Co.Vo.Pi. reclamasse a gran voce un approfondimento. Oggi appare superata la superficiale motivazione irresponsabilmente accreditata presso l’opinione pubblica, secondo la quale dette morie sarebbero riferibili all’azione degli stessi operatori. Le osservazioni empiriche del nesso temporale tra forti precipitazioni nei bacini dei fiumi che sfociano nel mare compartimentale, e le conseguenti tragiche morie hanno consentito di approfondire la relazione causa effetto tra la forte antropizzazione del territorio e le conseguenze sulla popolazione degli organismi marini che popolano le coste ed in particolare la popolazione di vongole.
In tal senso il Co.Vo.Pi. ha recentemente promosso un approfondito studio su tali aspetti, per quanto concerne la parte Nord del Compartimento ( lo studio per la parte Sud sarà intrapresa nel prossimo anno).
Soltanto di recente, a seguito della ferrea limitazione delle catture (solo episodicamente il Consorzio ha consentito la cattura di oltre il 66% della quantità massima legale), dell’imposizione di giornate e mesi di fermo aggiuntivo (in alcuni esercizi si è pescato per cinque mesi su dodici), oltre che del trasferimento delle 25 unità nella zona B del compartimento Anconetano, la situazione della risorsa è andata normalizzandosi nel tratto di costa di competenza del Co.Vo.Pi.
Nella ricerca dell’ottimizzazione il Consorzio ha inoltre promosso presso le imprese aderenti, con investimenti non trascurabili, l’adozione di uno strumento di pesca (c.d. ferro) modificato, realizzato secondo le modalità in uso presso altre marinerie. La seguente sperimentazione non ha tuttavia dato i risultati attesi e, conseguentemente, con ulteriore significativo investimento, si è provveduto ad un’ulteriore modificazione dell’attrezzo di pesca, modifica che, allo stato, appare aver finalmente ottimizzato l’attività di cattura e l’esigenza di salvaguardia del prodotto.